Introduzione di Alessandro Quattrone.
Dopo aver rovesciato la sua furia su ogni cosa, ora, in Una stagione all'inferno, Rimbaud si scaglia contro se stesso con una lingua secca, nervosa, tagliente. Non è pentito, è solo più consapevole. E per di più stanco e sfiduciato.
L'alcol, la droga, il sesso, l'erranza e l'ozio quotidiano lo hanno condotto al di là di un confine oltre il quale si è aperta l'immensità del vuoto. Uno scacco, per chi cercava la pienezza.
Così Rimbaud, dopo aver tentato di purificare il mondo immergendolo in lavacro velenoso, alla fine deve riconoscere la propria amara sorte di angelo sfigurato.